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Venerdì – XXI settimana del Tempo Ordinario
La parabola delle vergini stolte e sagge risuona in modo drammatico in queste ore, quando la terra del nostro paese non cessa di tremare e far tremare i nostri cuori colmi di sgomento, dolore e preghiera. È proprio così: la vita è (anche) una notte in cui tutti — presto o tardi — veniamo sorpresi da un grido che ci coglie e ci giudica così come siamo. 

«Ecco lo sposo! Andategli incontro!» (Mt 25,6)

Non è però un destino di morte a strapparci dal sonno, ma di incontro con il Dio che ha unito a sé in eterna alleanza la nostra fragile umanità. Ogni morte, per quanto prematura e tragica, può essere intesa nella fede come il momento in cui la vita giunge finalmente al mistero della sua origine e del suo compimento. Per questo bisogna restare lucidi, perché non possiamo sapere tra quanto tempo anche a noi accadrà di dover comparire davanti al volto di Dio. L’unica cosa che ci è concesso sapere è che abbiamo solo il presente per diventare sapienti. Si tratti di imparare a prendere, insieme alla lampada, anche l’olio della conoscenza di Dio. 

«Infatti, ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini,
e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» (1Cor 1,25)

La fede non offre rassicurazioni ma dona speranza. La terra trema e la nostra vita in questo mondo è un soffio. Se, in Cristo, accogliamo e incarniamo la parola della croce — in gesti di perdono, servizio e attenzione all’altro — il giorno e l’ora in cui la vita ci sarà chiesta indietro non verrà come un ladro. Ma anche come un talamo.  

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